And the winners is, gli Oscar di Scorribande ’20: da Pernati a Scarello, da Pipero alla Zia, dalla Garronese ai Damatos
Questi sono Oscar (a illustrarli il bel disegno di Michele Tranquillini, che risale ai tempi del Corsera) molto personali. Beh, direte voi, che cosa potrebbero essere, di diverso, visto che li dai tu? No, sono personali perché quest’anno non ho fatto grandi viaggi, come tutti, del resto, a parte i fanatici che non hanno potuto fare a meno di discoteche sarde, isole greche, mare croato, spiagge ibizan-formenterane, tornei di calcetto con i soliti noti/sospetti e aperitivi all’ammasso. E quindi questi Oscar di Scorribande sono dettati da un’esperienza quasi intima, luoghi dove ho vissuto, persone vicine, oltre la tavola. A parte Pipero, sono stati tutti toccati con mano. Ma Pipero è Pipero.
CUOCO DELL’ANNO
Marco Pernati (Manuelina, Recco)
Da quanto tempo conosco Marco? Da sempre. E’ un cuoco bravissimo, molto ligure. Nel senso che mescola la sapienza alla timidezza, la tecnica al mugugno. Su tutto prevale la sua fedeltà alla materia prima di qualità. E’ uno di quei cuochi che meriterebbe stella o riconoscimento equivalente per quello che ha costruito negli anni, per la continuità, per tutti i piatti strepitosi che ha cucinato senza perdere la diritta via. Ma ormai prevale la cultura dell’effimero sensazionale, basta una genialata via, premi e peones adoranti. La Continuità con la C maiuscola, questo sì che è un valore. Grazie per tutti i pasti che mi hai cucinato e per i pansotti con la salsa di noci che mi hai lasciato nel frigo per la mia Pasqua solitaria 2020 ai tempi del Covid.
PATRON DELL’ANNO
Alessandro Pipero (Pipero Roma)
Pipero mi manca. Per ora seguo le sue gesta su Instagram. Pipero è ironico, diretto, senza fronzoli. La sua accoglienza non è per niente affettata, non è futilmente cerimoniosa ma ti fa sentire a casa, con attenzione, eleganza spiccia e una capacità rara di entrare in sintonia con il cliente. Non è un cuoco, ma sa valorizzare i cuochi come pochi, con la sua spinta, le sue idee. Non è un cuoco ma nel suo menu troviamo le sue intuizioni come un piatto con il tonno in scatola che ho provato nell’ultima visita, nel 2017. E su tutto la sua carbonara, number 1 in the town. Lo frequento da quando era al Rex, l’hotel che ha ospitato la sua prima tappa romana e non vedo l’ora di tornare da lui.
PRANZO DELL’ANNO
Agli Amici (Godia, Udine, famiglia Scarello)
Michela ed Emanuele Scarello rappresentano una delle grandi famiglie della ristorazione italiana. Li apprezzo come ristoratori, li amo come persone. Agli Amici è “fuori mano”, un luogo di confine, ma centralissimo per la sua idea di cucina che si basa su ricerca, materia prima, echi del territorio. Su tutto l’umanità, che vuol dire che non si realizza un piatto fine a se stesso ma per qualcuno. Qui si fondono ospitalità, professionalità, tecnica, senso della squadra. A questo proposito, dovrei citare tutta la loro brigata, sala e cucina. Faccio solo un nome: il grande Raffaello Mazzolini, più che sous-chef, con-chef. Il pranzo dell’anno era un cena, il 10 luglio. What a beautiful experience. Accompagnati dai calici di Michela abbiamo raggiunto vette abissali. Qualche piatto, così, a memoria: nonsoloAlghe: la mia insalata di mare; (dal Gran Tour) Venezia: seppiola scottata, brodo di rape e tartufo nero; ravioli di caffè e mascarpone di capra con salsa ai ricci di mare; pasta, zucca e nocciole.
PIATTO DELL’ANNO
Carbonara di Lago (Leandro Luppi, Vecchia Malcesine, Vr)
Sognavo questo piatto da anni, ma ogni volta che dovevo andare da Leandro Luppi a Malcesine, qualcosa si metteva di traverso. Finalmente ce l’ho fatta e in una tiepida sera di inizio ottobre, nell’ultimo viaggio fuori regione, sulla sponda veronese del Garda mi sono accomodato alla Vecchia Malcesine, a provare questa meraviglia, che non era come mi aspettavo, ma di più, al centro di un percorso sontuoso, sia chiaro. Il guanciale è sostituito dai pezzettini croccanti del pesce di lago, il coregone in questo caso, e gli spaghetti da conchiglie bianche e nere. Indimenticabile, qualcosa che resta nella memoria.
AZIENDA DELL’ANNO
Levoni salumi (Castellucchio, Mn)
Un salumificio industriale ma con un atteggiamento artigianale nella produzione e una grande attenzione alla materia prima, selezionata come le spezie e gli aromi utilizzati. L’arte norcina, portata sui grandi numeri non perde la sua artigianalità, si prende il suo tempo, come se fossimo in un piccolo laboratorio che procede secondo ritmi naturali. Cito due prodotti assaggiati verso fine anno: il salame al tartufo nero in scaglie, equilibrato, profumato e intenso e il lardo pancettato, stagionato ai sapori. Fantastici.
SORPRESA DELL’ANNO
Tenuta dell’Annunziata (Uggiate Trevano, Co)
A inizio 2020 ho passato due giorni in questa bella tenuta, con uno straordinario “bosco bioenergetico” che sale sulla collina alle spalle della struttura. Era prima del virus, quando vivevano in una bolla, certi che nulla potesse farla esplodere. Una sorpresa per la rilassante e ampia SPA, per il luogo (la provincia di Como senza lago, quasi al confine svizzero), perché molti dei prodotti utilizzati vengono dalle aziende agricole dei proprietari o del territorio e per la cucina del ristorante Quercus, di grande livello. Ora è tutto chiuso, come potete immaginare. Ma l’esperienza c’è stata, con il piacere di averla vissuta.
NEGOZIO DELL’ANNO
Pasticceria Battisti (Ferentino, Fr)
Ho incontrato Giovanni all’Expo 2015: mi ha donato uno dei suoi dolci. Siamo rimasti in contatto, ho conosciuto anche sua figlia Marialucia che con la sorella Sara rappresenta la terza generazione con le mani in pasta nella pasticceria Battisti di Ferentino, in provincia di Frosinone, fondata nel 1952 dal sor Angelo col nome di “Il Giglio ciociaro”. E dalla Ciociaria vengono le materie prime (farina di frumento, miele d’acacia, burro delle colline) per il “Panfrutto”, il dolce simbolo, preparato con cura e attenzione per ben due giornate e che ha allietato le mie (giornate), nel post-lockdown. Parliamo di uno dei grandi negozi artigiani d’Italia, di quelli da difendere con le unghie e con i denti.
ALBERGO DELL’ANNO
L’Andana (Tenuta la Badiola, Castiglione della Pescaia, Gr)
Pochi viaggi, si diceva, ma selezionati. I due giorni all’Andana valgono due settimane altrove. Accoglienza, servizi, il tocco di Carmen Moretti e la visione di Martino De Rosa (my brother), la cucina di Enrico Bartolini (con il cuoco residente Bruno Cossio), la campagna maremmana e quella brezza che qui, sulla collinetta, già allietava il Duca “Canapone” e i suoi ospiti. Bella compagnia, bella cantina, le colazioni sul prato, all’ombra del mattino, le passeggiate (io così, così), i silenzi, la bellezza del luogo, la pace, il relax. Un momento di apertura mentale, di fuga dall’assedio. I can’t remember.
VINO DELL’ANNO
Gavi Villa Sparina, Limited Edition 2020 (Gavi, Al)
Il Gavi “Tricolore” di Villa Sparina, 100 per cento Cortese, vince su altri ottimi vini provati nel 2020 per la qualità, ma anche per la dedica alla cultura e storia italiana, testimoniata dall’etichetta bandiera opera di Lorenzo Crivellaro. Nell’anno del Covid, un inno alla forza e al valore dell’Italia. Siamo nel basso Piemonte, verso il confine con la Liguria e ne sentiamo l’influenza nella freschezza sapida di questo vino che ci trasporta note floreali, agrumate e fruttate. È una bottiglia da stappare (come ho fatto io), per tornare alla Liguria terra mia, con un antipasto di mare o con piatti di pesce dal sapore delicato.
PRODOTTO DELL’ANNO
La Garronese (Sartori cani, Brenzone sul Garda, Vr)
Con la guida di Carlo Sartori, ingegnere che non ha resistito al richiamo del mestiere di famiglia, ho scoperto la varietà di carne Garronese. Nella frazione di Lumini (San Zeno di Montagna, sopra il Garda) c’è l’allevamento di mucche Garronese o Blonde D’Aquitaine, razza di origine francese, dalla zona dei Pirenei. Gli animali vengono nutriti con farina di mais, soia, fioccato di mais, polpa di barbabietola, fieno e paglia e, nell’ultimo mese di allevamento, ecco l’integrazione con farine di marrone DOP di San Zeno in piccola percentuale. Colore chiaro, fibra molto sottile che conferisce una grande tenerezza a una marezzatura molto leggera. Delicata al gusto, ma sapida. Carne elegante e duttile, va dal crudo alla griglia e resiste a una lunga cottura.
SFIZIO DELL’ANNO
La pizza di Paolo Ghidini (Il Fienile, Palazzolo S.O.)
Il Fienile è stato il primo locale che ho visitato, uscendo dal lockdown e quindi si è trattato di un doppio sfizio. Esistenziale, perché, pensavamo/speravamo di esserci lasciati alle spalle la pandemia, perché riacquistavamo un po’ di libertà. Goloso perché la pizza di Paolo è straordinaria. Per l’impasto e per la scelta della materia prima, tutta di alta qualità. Un esempio. La pizza ai quattro formaggi, la mia preferita, è sparita nelle nuove pizzerie “gourmet”, ma non dal suo menu perché vengono utilizzati formaggi straordinari. E poi, qui, potete provare la pizza “Annibale Canessa”, con pesto, basilico, pinoli, pomodorini gialli e rossi. Uno sfizio bello grosso.
CUCINA DI APPARTAMENTO
La Zia (Emanuela Cichero, Recco)
La Zia (di mia moglie, che si chiama come lei), è una splendida novantenne. Con lei ho condiviso il palazzetto della Manuelina a Recco nella seconda parte del mio lockdown solitario. Trentacinque giorni, io al secondo piano e lei al primo. Conversavamo, ligi, da terrazzo a terrazzo, reclusi ma almeno scaldati al tepore della primavera in Riviera. Ho goduto della sua compagnia, di quella della sua amica Fortunata e dei suoi manicaretti. “Ho un po’ di polenta col sugo, ne vuoi?”. “Ho fatto dei gamberi in guazzetto, te li mando?”. “Mi avanza del minestrone, adesso sale”. Queste meraviglie sbucavano dall’ascensore. Per Pasqua sono arrivate le costolette di agnello panate. Tutto strepitoso, la sua cucina, la sua vicinanza. Lei. Grazie, zia.
LUOGO DELL’ANNO
Testana (Avegno, Ge)
Tra lockdown invernal-primaverile, buen retiro estivo, weekend sparsi post-serrata, vi ho trascorso più di quattro mesi, passando dal camino al ventilatore. Il mio scorcio di Liguria di collina, tra boschi e creuze, tra silenzi e natura. I miei punti cardinali sono lo studio, fresco d’estate, caldo d’inverno, il tavolo di ardesia sotto il pergolato di uva “merella”, cioè fragola, i prati sopra la casa dove cresce il finocchietto, la sala col camino. Non pensavo che potesse esistere un luogo dove rifugiarmi-difendermi, un luogo definitivo per me, cittadino del mondo. Beh è questo. E adesso, che non ci vado da più di tre mesi, mi manca.
SCORRIBANDA ALLA CARRIERA
I Damatos (Gianni, Fulvia, Federico)
Il 7 di febbraio 2020, i Damatos hanno festeggiato i 7 anni del Caffè Arti & Mestieri di Reggio Emilia, dove si sono trasferiti conclusa, per colpa del destino cinico e baro sotto forma del terremoto e dell’insipienza degli umani, la splendida avventura del Rigoletto. Doveva essere una nuova ripartenza, circondati da amici e gourmet, poi è successo quello che sappiamo e, un anno dopo, più che nuovi entusiasmi, restano vecchi dubbi. I Damatos, comunque, rimangono un esempio di come intendere un ristorante: accoglienza e servizio puntuale, conoscenza del gusto, italianità della proposta, cucina di ricerca ma non ricercata. Auguro ai miei amici Damatos di continuarla, questa carriera.