Cronache della ripresa (2): Alvina la piacentina, la bibita che ricorda il passato e ci suggerisce il futuro
Cronache della ripresa (2): oggi parliamo di Alvina, la bibita piacentina che fa tanto tavola, umanità, vecchi sapori/valori, l’ha ideata Michele Milani.
“Alvina la Piacentina è la riscoperta del vecchio vino da merenda dei colli piacentini”. Così mi spiega Michele.
Come definire Michele Milani? Innanzitutto un amico, uno di quelli con cui magari non ti senti per un po’, ma quando lo rivedi, la scintilla dell’umanità subito si ridesta. Un rabdomante del gusto, un esploratore del meglio, un appassionato della tavola senza corifei al seguito. Recentemente è stato il regista del ritorno in pista del pirotecnico Davide Scabin al Mercato Centrale di Porta Palazzo a Torino con “Scabin Q.B.”. Lo conobbi anni fa in un giorno bigio d’inverno sui colli piacentini per un pranzo di “cacciagione” che non fu solo un pranzo, ma un’illuminazione. La vituperata caccia, se regolamentata, è fondamentale per l’ecosistema. Tra l’altro il progetto della regione Emilia-Romagna prevedeva il ripopolamento delle campagne grazie all’attività venatoria. C’era anche un docente universitario che spiegò come la selvaggina rappresentasse un nutrimento sano e simile, per la sua vita all’aria aperta e la ricchezza di Omega 3, al pesce. Lo so, difficile farlo capire, ai talebani che s’aggirano nei giornali e nei social. Infatti il Corriere mi censurò la Scorribanda sulla caccia. Vabbè, comunque la potete leggere nel mio sito: cercando caccia e selvaggina la Scorribanda proibita.
Con Michele ci siamo incrociati più volte, da allora. Soprattutto con la nostra grande amica comune Isa Mazzocchi.
Oggi, dunque, parliamo di un’altra delle sue idee. Alvina la Piacentina. Stupenda, fresca, frizzante, divertente, io la definisco una bibita che ci ricorda il passato e ci suggerisce il futuro. In questo senso: ci parla di campagna, merende e semplicità e ci invita a recuperarle in un modo della ristorazione che si parla addosso e si parla solo bene, con giornalisti e critici allineati e coperti, “sbafatori” in servizio permanente effettivo che si parlano addosso. Non ne posso più, ho voglia di semplicità e Alvina me la ricorda. Questa malvasia di candia, leggermente dolce, leggermente frizzante e leggermente alcolica, nel passato era il vino che i nonni davano ai bambini (ha solo 6 gradi) o anche quello che si beveva dopo una giornata nei campi per accompagnare un panino con la coppa o una scodella di pesche di vigna. Aggiunge Michele: “Un vino profumato, leggero, dissetante. Si accompagna perfettamente con i salumi, ma anche alla frutta. L’etichetta richiama un po’ il tendone del circo (Fellini?) in cui tutto è possibile”.
Infatti è ottima anche come alternativa nel bere miscelato, idea di Roberto, marito di Isa della Palta. “Il mercato delle bibite dolci, colorate e aromatizzate che la frutta la vedono solo di sfuggita, è in continua espansione e allora perché non proporre un prodotto naturale come il vino che di aromi e colori non ha bisogno?”. Proprio così. La sua genesi. “Una mattina di ritorno da una lunga camminata nei boschi, sono sceso in cantina, ho aperto una bottiglia da 75 di Malvasia da abbinare ad un panino con la coppa, bevuto un bicchiere, forse due, mi sono chiesto cosa fare del resto della bottiglia… e lì ho pensato che sarebbe stato comodo avere un formato di facile proposta, da 20″. Ecco Alvina, una bevuta ideale anche in spiaggia con una fetta di pesca dentro (“idea di Igles Corelli”) o con un panino per la merenda o alla sera per un long drink con frutta, vodka e tanto ghiaccio.
Alvina, dal passato per il futuro. Provatela, non di solo Instagram con i soliti noti vive l’uomo.